di Gabriele Maestri

Mario Monti
In queste ore si sta consumando una diatriba piuttosto delicata, legata a un elemento solo apparentemente poco significativo del procedimento preparatorio delle elezioni politiche. Come è noto, lo schieramento che si riconosce nel presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, non ha ancora reso noti i contrassegni con cui si presenterà al Senato e alla Camera: si sa solo che a Palazzo madama correrà con una sola lista, mentre a Montecitorio i simboli saranno almeno due, tre con Fli.
Proprio ieri, però, il deputato del Pdl Giuseppe Calderisi, esperto di sistemi elettorali, ha rilasciato una dichiarazione piuttosto categorica. “Il testo unico DPR n. 361/’57 obbliga le liste che si collegano in coalizione per cercare di conseguire il premio di maggioranza a depositare lo stesso programma e l’indicazione dello stesso capo della coalizione – ha detto – ma obbliga altresì tutte le liste […] ad utilizzare contrassegni diversi, non confondibili tra loro e che pertanto non possono avere in comune lo stesso logo, neppure ’singoli dati grafici’ o ’espressioni letterali’, o ’parole o effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento, anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica’. Oltre al rischio di confondibilità, la legge vuole evitare anche il rischio di annullamento dei voti espressi dagli elettori che appongono più segni su più contrassegni recanti la stessa dicitura”.
Secondo Calderisi, dunque, il nome di Monti o diciture che lo contengano non possono stare su più contrassegni, pena la confondibilità che farebbe scattare la ricusazione da parte del Ministro dell’interno. Si tratta, naturalmente, di un parere rispettabile, ma a mio avviso non condivisibile. L’articolo 14, comma 4 del testo unico del 1957 per l’elezione della Camera – che il parlamentare Pdl cita quasi per intero – infatti, non prevede che due emblemi elettorali non possano avere in comune un’espressione letterale o un elemento qualificante: si limita a dire che parole ed elementi “costituiscono elementi di confondibilità”. Riflettendo, non è proprio la stessa cosa: se fosse così, i simboli che usassero la parola “partito”, o tutti quelli che si fregiassero di aggettivi come “democratico” o “comunista” violerebbero quelle norme (tutti tranne il primo depositato, che sarebbe “salvo”). Lo ha precisato chiaramente anche il Consiglio di Stato, in un parere reso nel 1992, uno dei pochissimi interventi interpretativi autorevoli in materia di contrassegni.
Se questo è vero, verrebbe da chiedersi perché la stessa regola non dovrebbe valere anche per l’indicazione del capo della coalizione. Ciò soprattutto se si considera che lo stesso Ministero dell’interno – soprattutto a partire dall’introduzione del cd. Porcellum – ha sostanzialmente riconosciuto come quei nomi, in quanto evidente indicazione del programma politico della lista che li utilizza, consentano un rapporto più chiaro con gli elettori, dunque aumentino la chiarezza, invece che diminuirla (infatti il Viminale richiede soltanto, benché questo non sia espressamente previsto, l’autorizzazione dell’avente diritto all’uso del proprio nome, in applicazione della normativa per la tutela della privacy). L’idea che tutti i simboli coalizzati possano avere l’indicazione del capo della forza politica, in questo senso, non è un elemento di disturbo: semmai di trasparenza.
Certamente, però, l’uso del nome su più simboli non deve essere senza condizione: può accadere infatti che, per la posizione e la resa grafica, costituisca elemento di confondibilità, incorrendo in un’ipotesi di ricusazione. Al più, dunque le liste coalizzate dovranno rinunciare a riprodurre lo stesso elemento grafico in cui inserire il nome di Monti e faranno bene a tenere i loro simboli tradizionali (quelli dei partiti ovviamente) ben in vista – più dell’indicazione del leader – in modo da scongiurare il rischio di confondibilità: a queste condizioni, per la “moltiplicazione dei Monti” lo spazio dovrebbe esserci.
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