di Alessandro Gigliotti
Come annunciato, si apriranno quest’oggi le consultazioni del Capo dello Stato per la formazione del nuovo Governo e, pertanto, sono attesi al Quirinale gli esponenti dei gruppi politici rappresentati in Parlamento ed altre personalità del panorama istituzionale. Si tratta di una prassi ben nota e risalente al periodo statutario, di cui tuttavia non è dato riscontrare alcuna traccia nel testo costituzionale. L’art. 92 della Costituzione, in effetti, è alquanto stringato e si limita a ben poche disposizioni. Nel primo comma, riassume l’articolazione del Governo, che si compone del Presidente del Consiglio, dei ministri, organi individuali, e del Consiglio dei ministri, organo collegiale composto dai ministri nel loro insieme. Il secondo comma, invece, detta disposizioni per la formazione di tale organo: il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri. Nient’altro. La Costituzione non dice né in base a quale criterio debba essere scelto il Premier, né quale sia il grado di discrezionalità che spetta al Capo dello Stato.
Tuttavia, le disposizioni costituzionali, così come più in generale tutte le disposizioni normative, non devono essere interpretate uti singulae, come fossero avulse dal sistema. Esse vanno inserite nel quadro costituzionale d’insieme, necessitano, in altri termini, di un’interpretazione di carattere sistematico. La corretta esegesi dell’art. 92 passa inevitabilmente dal raffronto con la previsione di cui all’art. 94, il quale stabilisce che il Governo debba avere la fiducia delle due Camere. Da una lettura congiunta delle due disposizioni, si evince chiaramente che il Presidente della Repubblica deve nominare alla carica di Presidente del Consiglio una personalità in grado di raccogliere attorno a sé la maggioranza dei voti parlamentari. Pertanto, è questo il criterio che il Capo dello Stato è tenuto a seguire e la discrezionalità nella scelta è conseguentemente limitata da tale fattore: il Governo appena costituito, ai sensi dell’art. 94, comma terzo, deve infatti presentarsi presso entrambe le Camere per chiedere un voto di fiducia esplicito; tale adempimento è inderogabile e deve essere espletato entro dieci giorni dalla formazione, cioè dal giuramento.
È quindi evidente che, in presenza di una maggioranza parlamentare chiara che si riconosce in un leader, il Capo dello Stato avrebbe una discrezionalità pressoché nulla: egli non potrebbe fare altro che tenere conto di tale maggioranza, legittimata dal voto popolare, e nominare di conseguenza il suo leader per la carica di Capo del Governo. È quanto avviene da tempo immemore, salvo rare eccezioni, nell’ordinamento britannico. In Italia, però, il modello Westminster non si è mai affermato, sicché si rende opportuno che il Capo dello Stato, nell’imminenza della formazione di un nuovo esecutivo, faccia opportune verifiche per accertarsi dell’esistenza di una maggioranza parlamentare e, in subordine, di quale sia la personalità più idonea a guidarla. Da questa esigenza nasce la prassi delle c.d. consultazioni, attraverso le quali il Presidente della Repubblica può avere contezza degli orientamenti che si delineano all’interno delle assemblee legislative, le quali sono appunto chiamate ad esprimersi con un voto la fiducia nei confronti del Governo.
Le consultazioni informali danno luogo ad un istituito che, a seconda delle opinioni dottrinali, è stato definito di natura consuetudinaria oppure convenzionale, regolato cioè da norme non scritte, seppure di rango costituzionale. Quale che sia la sua natura giuridica, ad ogni modo il Capo dello Stato suole consultare i rappresentanti dei partiti rappresentati in Parlamento (presidenti dei gruppi parlamentari e leader di partito), chiamati ad esprimere un’indicazione sulla personalità cui affidare la guida del Governo; inoltre, il Capo dello Stato interloquisce anche con altri soggetti istituzionali come i Presidenti di assemblea e gli ex Presidenti della Repubblica, i quali possono fornire consigli preziosi data l’esperienza vissuta sul Colle.
Da ultimo, non è forse inutile ricordare che la prassi delle consultazioni non è venuta meno neppure a seguito della trasformazione del sistema elettorale in senso maggioritario, negli anni Novanta. Benché il sistema maggioritario abbia favorito la costituzione di coalizioni contrapposte, guidate da personalità che si propongono come candidati alla Presidenza del Consiglio – i quali talvolta sono scelti attraverso elezioni primarie –, ciò non ha inciso sul procedimento di formazione del Governo: in ogni caso, anche di fronte all’esito elettorale più chiaro, la nomina del Presidente del Consiglio spetta al Capo dello Stato e questi deve verificare, nel modo che si è detto, l’orientamento dei gruppi politici rappresentati in Parlamento. Detto altrimenti, non è tanto il voto popolare ad indirizzare la scelta del Capo dello Stato, quanto le indicazioni che pervengono dai gruppi parlamentari in occasione delle consultazioni.