Incarico, preincarico e mandato esplorativo

di Alessandro Gigliotti

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Discorso del Presidente Napolitano in occasione del conferimento del preincarico all’on. Bersani

In questi giorni stiamo assistendo alla fase istituzionale nella quale si costituisce un nuovo Governo, fase apparentemente semplice se ci si limita ad una lettura superficiale del testo costituzionale. L’art. 92, comma secondo, si limita a conferire il potere di nomina del Governo al Capo dello Stato, ma è fin troppo evidente che le norme che regolano l’intera procedura siano ben più articolate e vadano rintracciate nel novero delle fonti non scritte, vale a dire consuetudini, convenzioni e prassi.

In realtà, il procedimento di formazione del Governo è scandito da diversi momenti che cercheremo di riassumere brevemente. Anzitutto, vi è una prima fase nella quale il Capo dello Stato è chiamato ad individuare la personalità più idonea a guidare il Governo, quella personalità cioè maggiormente indicata per coagulare attorno a sé una maggioranza parlamentare in grado di sostenere l’esecutivo. È la fase delle c.d. consultazioni informali, della quale si è già avuto modo di dire su Ballot e che si è tenuta nelle giornate di mercoledì 20 e giovedì 21 marzo.

Segue il secondo momento, quello dell’incarico. Per prassi, il Capo dello Stato non procede mai direttamente alla nomina, né quando la maggioranza parlamentare è netta e la scelta del Premier è sostanzialmente scontata, né tanto meno quando la situazione politica si presenti più sfumata. La prassi prevede infatti un passaggio intermedio, in cui il Capo dello Stato convoca al Quirinale il potenziale Capo del Governo, colui che è stato indicato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari in occasione delle consultazioni, per conferirgli un incarico. La persona designata suole accettare con riserva, proponendosi cioè di fare opportune verifiche con le forze politiche rappresentate in Parlamento per poi presentarsi al Quirinale e scioglierla, in senso positivo o negativo. In questo senso, è apparsa contraria alla prassi descritta la scelta di Berlusconi nel 2008 di accettare immediatamente l’incarico, senza riserva, comunicando immediatamente l’elenco dei ministri; si tratta chiaramente di un episodio che trova spiegazione nella netta vittoria elettorale cui conseguiva un’ampia maggioranza presso le due Camere. Al di là di ciò, il conferimento dell’incarico è dal 1958 in poi un passaggio che non richiede adempimenti di carattere formale, ma avviene oralmente.

Diverso dall’incarico, invece, è il caso del mandato esplorativo, che allude alla fattispecie nella quale il Capo dello Stato, data la fluidità del quadro politico e l’assenza di una soluzione pienamente condivisa per il superamento della crisi di Governo, chieda ad una personalità terza di svolgere un breve giro di consultazioni per operare opportune verifiche e riferire in tempi brevi. Il mandato esplorativo viene conferito ad una carica istituzionale (generalmente il Presidente della Camera o del Senato), come accadde ad esempio nel 1987, quando la crisi del II Governo Craxi indusse il Presidente Cossiga ad affidare un mandato esplorativo a Nilde Iotti. Tale istituto non deve essere confuso con il preincarico, dal quale differisce per il fatto che la personalità cui è richiesto di svolgere ulteriori consultazioni coincide con quella cui verosimilmente il Capo dello Stato affiderà l’incarico. È esattamente lo scenario maturato in queste ore, poiché il Presidente Napolitano ha conferito all’on. Bersani non già l’incarico di formare il Governo, ma quello di verificare la sussistenza di una maggioranza presso i due rami del Parlamento. Un altro caso recente di preincarico è quello che ha interessato Franco Marini nel 2008, benché questi ricoprisse la carica di Presidente del Senato in carica e, quindi, ci si trovasse in una situazione quasi intermedia, che preludeva alla formazione di un governo istituzionale.

Il momento della nomina si colloca quindi in seguito alle fasi prodromiche poc’anzi illustrate. Il Presidente incaricato, esperire le opportune verifiche, si reca così al Quirinale per sciogliere la riserva e, qualora decida di accettare l’incarico, sottopone al Capo dello Stato la lista dei ministri. Segue quindi la nomina formale del Presidente del Consiglio e dei ministri, che presuppone l’adozione di una serie di decreti presidenziali controfirmati dal Presidente del Consiglio subentrante: un primo decreto di accettazione delle dimissioni del Presidente del Consiglio uscente, un secondo di nomina del nuovo Presidente del Consiglio e poi i decreti di nomina dei singoli ministri. Tuttavia, il procedimento di nomina si perfeziona, ai sensi dell’art. 93 della Costituzione, solamente con il giuramento, in cui ogni ministro giura nelle mani del Capo dello Stato recitando una breve formula. È in tale momento che il procedimento si perfeziona perché è solo con il giuramento che i ministri dichiarano di accettare l’atto di nomina.

Ai sensi dell’art. 94, il Governo appena formato deve presentarsi presso le due Camere per chiedere la fiducia entro dieci giorni dalla sua formazione; il termine è perentorio e si calcola dal momento del giuramento. È importante sottolineare che il Governo nominato è già nella pienezza delle sue funzioni, per quanto una norma di correttezza dovrebbe imporre di non procedere ad atti che eccedano l’ordinaria amministrazione se non dopo aver ricevuto l’investitura in Parlamento. Si tratta invero di un problema di scarso rilievo pratico, data la breve distanza temporale che separa la nomina dal voto di fiducia e posto che la concessione di quest’ultima verrebbe a chiudere la questione. Qualora tale voto abbia esito negativo, come è pure successo in diversi frangenti della storia repubblicana, il Governo è invece tenuto a rassegnare le dimissioni innanzi al Capo dello Stato, che suole chiedere all’esecutivo di restare in carica per il disbrigo degli affari correnti per poi avviare nuovamente il procedimento descritto.

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