di Vincenzo Iacovissi
L’incontro avvenuto ieri nella sede del Partito democratico, tra il segretario, Matteo Renzi, e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha impresso una poderosa accelerazione alla politica italiana, aprendo, forse, una fase nuova.
Il vertice, come noto, ha avuto ad oggetto le riforme istituzionali, a partire dalla nuova legge elettorale, a seguito delle 3 proposte che il segretario democratico aveva esposto nei primi giorni del nuovo anno. Tutto ciò in un momento politico estremamente delicato, con la tenuta del Governo Letta in perenne rischio a causa di gaffe, scandali ed errori parlamentari che ne stanno accidentando il cammino da qualche tempo.
Ecco perché l’esito dell’incontro di ieri assume una duplice valenza, intrinseca e di prospettiva.
Sotto il primo profilo, è indubbio che l’iniziativa di Renzi abbia prodotto l’effetto di riportare al centro del dibattito la revisione del sistema istituzionale italiano, coinvolgendo gli altri soggetti politici, ad iniziare dal partito più rilevante dell’opposizione dopo il rifiuto opposto dal M5s ad ogni ipotesi di negoziato. Ma ieri si è sancito anche il ritorno da protagonista di Berlusconi, che incassa una rilegittimazione politica insperata solo fino a poche settimane fa.
Sotto il secondo profilo, il Governo Letta dovrebbe ricevere una iniezione di stabilità dalla stipulazione di un accordo sulle riforme che, in virtù della Carta costituzionale, richiede tempi non rapidissimi di approvazione, e quindi, potrebbe prolungare l’esperienza governativa fino al 2015.
La sintesi dell’accordo:
a) superamento del bicameralismo paritario, con la trasformazione del Senato in una Camera di rappresentanza delle autonomie, senza legittimazione diretta degli elettori e senza poteri di conferimento e revoca della fiducia verso il Governo. In sostanza, una seconda Camera svuotata del ruolo politico, ma con competenze attinenti alla salvaguardia degli interessi territoriali del Paese;
b) riforma del Titolo V della Costituzione, riducendo il “peso” legislativo delle Regioni in materie di rilevanza nazionale, come il turismo, in una cornice di ridisegno dei rapporti tra centro e periferia dello Stato;
c) una nuova legge elettorale capace di assicurare governabilità, bipolarismo e semplificazione del sistema politico, con penalizzazione delle forze minori e previsione di meccanismi in grado di rendere esplicito il risultato del voto espresso dai cittadini.
L’attenzione principale è ora incentrata sul terzo punto dell’accordo, e ci si affida alle indiscrezioni. Le più rilevanti concordano nel sottolineare la nascita, dal pomeriggio di ieri, di un sistema elettorale di impianto proporzionale, con circoscrizioni “piccole” (4-6 seggi) di ambito provinciale, liste bloccate corte (per rispettare i rilievi della Corte costituzionale espressi con la sentenza di annullamento del porcellum), premio di maggioranza tra il 15-20% dei seggi alla lista (o coalizione) che raggiunga una soglia minima di suffragi (35-40%), soglie di sbarramento differenziate ma molto alte, 5% per le liste apparentate, 8% per quelle che corrono in solitaria.
Sempre dalle voci di corridoio si apprende che, prima, durante e dopo l’incontro, il segretario del Nuovo Centro Destra, Angelino Alfano, sia riuscito nella mediazione volta a prevedere un abbassamento ulteriore della soglia interna alle coalizioni (dal 5% al 4%), e ad ottenere che la ripartizione dei seggi avvenga a livello nazionale (come con il porcellum) e non in ambito circoscrizionale (come in Spagna).
Alla luce di quanto si sia riusciti a cogliere in assenza di un testo scritto, che verrà presentato domani pomeriggio da Renzi alla Direzione del PD, si può trarre qualche considerazione finale.
Il sistema “partorito” a Largo del Nazareno si avvicina più al defunto porcellum che al modello spagnolo. È stato, infatti, già correttamente battezzato Italicum, proprio per evidenziarne la tipicità con il nostro ordinamento rispetto ad esperienze straniere.
Da Madrid vengono importate le circoscrizioni piccole e le liste bloccate brevi, ma poco altro. Dal sarcofago del porcellum, invece, vengono riesumate molte cose, l’impianto proporzionalistico con premio di maggioranza, le liste bloccate, la ripartizione nazionale dei seggi, le soglie di sbarramento differenziate, gli apparentamenti e così via.
In sostanza, si potrebbe dire definire l’Italicum come il porcellum adattato ai rilievi della Consulta, con soglia minima per l’accesso al premio e liste bloccate più brevi per favorire una scelta più consapevole da parte degli elettori. Più l’innalzamento delle soglie per l’accesso alla rappresentanza.
Sulla tenuta di tale ipotesi di accordo non è possibile formulare, allo stato, previsioni realistiche. Si può, però, già trarre la conclusione che l’Italia si avvia verso una nuova stagione politica, con differenti protagonisti, e dai contorni istituzionali da chiarire.
Le prossime settimane ci diranno se, sotto il quadro di Fidel, sarà nata una “nuova” Repubblica, oppure se saremo ancora impanati in quella “vecchia” che, proprio come il lider máximo, seppur tra mille difficoltà, resiste e resta ancora in piedi.