Elezioni europee al rush finale, ma senza pathos

di Vincenzo Iacovissi

Ultimi giorni di campagna elettorale prima che le urne decretino i verdetti relativi alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.

Anche questa volta, come accade ormai dal 1979 – primo anno di elezione diretta dell’assemblea di Strasburgo –, la propaganda elettorale si svolge, nel nostro Paese, in un clima di disaffezione e disinteresse da parte dei cittadini, e con una sostanziale distanza dai temi dell’Unione europea.

La circostanza appare almeno singolare, laddove si tenga conto della profonda influenza che la normativa prodotta dalle istituzioni europee esercita sulla vita quotidiana di cittadini e stranieri dimoranti nel Vecchio continente. È infatti pacifico che magna pars delle legislazioni nazionali rifletta disposizioni emanate sottoforma di direttive e/o regolamenti dell’Unione europea, con una crescente tendenza alla restrizione delle competenze in materia da parte degli Stati membri.

Purtuttavia, in Italia – ma non solo, purtroppo – le elezioni europee rappresentano sovente l’occasione per un confronto su tematiche di carattere nazionale, oppure si trasformano in referendum di approvazione/sfiducia nei confronti del Governo oppure di un preciso esponente politico. È accaduto in passato, sta accadendo anche oggi.

In particolare, la campagna per le europee 2014 era nata sotto i migliori auspici di partecipazione e coinvolgimento grazie alla scelta, compiuta dalle principali formazioni politiche, di indicare preventivamente il proprio candidato alla guida della Commissione, organo cruciale per l’intera architettura dell’Unione sia dal lato esecutivo che dell’iniziativa legislativa. Dinanzi a tale rilevante novità, quindi, ci si sarebbe aspettati un maggiore interesse, anche in ragione della particolare delicatezza “temporale” di questa competizione, che giunge in uno dei periodi più difficili per l’integrazione europea dal punto di vista economico, sociale e culturale.

Al contrario, nulla di ciò sembra stia avvenendo, ed il dibattito politico italiano risulta interamente avviluppato su vicende – da quelle giudiziare a quelle inerenti specifici provvedimenti fiscali, per giungere a vere e proprie boutade dal sapore elettoralistico – che poco o nulla hanno a che vedere con i destini dell’Europa e dei suoi cittadini.

Come noto, il Parlamento europeo ha conosciuto, nell’ultimo decennio, uno sviluppo notevole dei propri poteri di decisione, divenendo – a partire dal Trattato di Lisbona del 2007 – sede naturale della legislazione insieme al Consiglio, e non più in posizione di subalternità come in passato. Anche questa circostanza dovrebbe indurre elettori e forze politiche nazionali ad assumere un atteggiamento diverso in campagna elettorale, privilegiando tematiche di competenza dell’Unione rispetto a questioni locali, soprattutto in virtù del carattere decisivo che l’esito di queste elezioni potrà avere sul futuro stesso del processo intrapreso a Roma nel 1957 e che – seppur con notevoli deficit – ha comunque assicurato al continente un settantennio di pace dopo la catastrofe bellica, associato ad una profonda integrazione economico-commerciale unica al mondo per dimensione ed intensità.

Si dirà che la disaffezione è normale in un momento di crisi duratura e profonda come quella attuale. Ma non è da condividere un atteggiamento troppo pigro o distaccato da parte di chi, presentando candidati per un seggio al Parlamento europeo, perda di vista l’obiettivo della propria iniziativa, spostando l’attenzione su altro, spesso poco attinente o financo risibile.

Così facendo, si favorisce il riflusso nel privato di elettori scontenti e non si contribuisce ad evidenziare problemi e ricette adeguate dell’Unione europea. In altri termini, si perde una grossa occasione per esprimersi su un momento che avrà ricadute inevitabili sulla vita di ciascuno di noi.

Mancano solo pochi giorni alla fine della campagna elettorale, le ore in cui probabilmente molti cittadini formeranno la propria intenzione di voto da esprimere domenica prossima nelle urne. Auguriamoci che questo rush finale, sinora privo di particolari emozioni, si trasformi in una volata appassionante e ricca di contenuti, senza troppe spallate tra i concorrenti, perché sotto il tabellone dell’arrivo c’è il futuro dell’Europa e di tutti noi.

In tempo di “giro d’Italia”, va bene così.

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2 risposte a Elezioni europee al rush finale, ma senza pathos

  1. Ermisio Mazzocchi ha detto:

    Caro Vincenzo Iacovissi le tue considerazioni sono pertinenti e meriterebbero ulteriore approfondimento. Tuttavia, mi sento di sollevare qualche breve e concisa osservazione. Ho vissuto (permettimi questo riferimento personale) come dirigente del PCI (funzionario come si diceva in quel tempo e in seguito in diversi ruoli) tutte le campagne elettorali dalla prima del 10 giugno 1979 sino a quella di oggi. Ti posso assicurare che abbiamo avuto sempre difficoltà a mettere in evidenza il significato del voto europeo. Le cause sono molteplice, ma possono essere ricondotte alla struttura istituzionale dell’Unione europee, modificata nel trattato di Lisbona, ma ancora non è ancora del tutto sufficiente per colmare uno stacco, che si trasforma in disinteresse con i cittadini. Abbiamo fatto un passo in avanti con la elezione diretta del Commissario europeo (cosa poco richiamata anche dai nostri candidati). Un fatto importante ma il processo di riforma è ancora solo all’inizio. Credo, inoltre, inevitabile, ma opportuno che nel campo dell’Europa si giochi una partita tra i diversi schieramenti. Oggi più che nel passato. Il governo dell’Europa è stato gestito dalle sue prime componenti nel 1956 e poi con il voto sino al 2009 dalle forze moderate, conservatrici e liberiste. La maggioranza in Parlamento, riflesso delle forze dominanti nei paesi componenti l’Unione e stata di fatto di centro-destra. Oggi abbiamo la possibilità con un voto al PD in una alleanza con il PS di bloccare questa tendenza e concorre per il nostro risultato positivo a formare una diversa maggioranza per una Europa democratica, solidale, progressista, libera dai condizionamenti delle lobby finanziarie. Non c’è dubbio che avremo dovuto battere di più su questo argomento, ma l’aggancio ai temi del paese è vitale per spingere a un voto orientato a sinistra. La virulenza delle forze antieuropee trova ragione al di là delle strumentali dichiarazioni propagandistiche nella opposizione a un cambio della funzione dell’Unione europea rivolta ai problemi sociali e non a quelli dei mercati finanziari. Per questo ritengo che in questi giorni dobbiamo intensificare il fuoco di sbarramento al populismo e alle falsità, spronare il PD e il PS a metter in atto iniziative (appelli, messaggi telematici ecc.) per battere l’astensionismo. Lo scontro politico è più profondo di quanto appaia su i media. Ti invito a leggere bene i risultati elettorali nella nostra provincia (europee 2009, regionale e politiche 2014 dove il PD è il terzo partito) per comprendere quale rischi stiamo correndo (tutta la sinistra) se non sfruttiamo anche un minuto del nostro quotidiano sino al 25 maggio (compreso) per chiedere un voto al PD per cambiare l’Europa.

    • associazioneballot ha detto:

      caro ermisio,
      anzitutto grazie per il tuo contributo. condivido molte delle tue osservazioni che volutamente non hanno formato oggetto del mio articolo nel rispetto della linea editoriale che come associazione ballot ci siamo dati, limitandoci all’illustrazione e al commento delle vicende politico-elettorali ed istituzionali.
      spero avremo occasione di affrontare questi ed altri temi anche personalmente.
      intanto un abbraccio e buon lavoro.
      vincenzo

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