di Alessandro Gigliotti
Negli ultimi giorni, quotidiani e social network sono stati inondati di notizie sull’adozione in Parlamento della tecnica del «canguro», decisa dal Presidente del Senato Grasso per velocizzare l’iter della riforma costituzionale e superare l’ostruzionismo delle opposizioni. Al di là del nome alquanto pittoresco, in estrema sintesi la tecnica del «canguro» non è altro che una modalità di votazione delle proposte emendative presentate nel corso dell’esame in Assemblea di un disegno di legge. Volta a razionalizzare i lavori nel caso in cui la mole di emendamenti sia tale da creare una paralisi, essa affonda le sue radici in una prassi seguita da tempo nei due rami del Parlamento ma codificata alla Camera solo di recente (nel 1997) ed applicata al Senato in via interpretativa.
Nel corso dei lavori d’aula, infatti, l’esame degli articoli di un disegno di legge consiste, principalmente, nell’esame delle proposte emendative, che vengono messe in votazione dopo una valutazione di ammissibilità e secondo un ordine definito dalla Presidenza dell’Assemblea. In particolare, per ovvie ragioni di economia procedurale, vengono messi in votazione prima gli emendamenti interamente soppressivi, poi quelli parzialmente soppressivi, quindi quelli modificativi e infine quelli aggiuntivi. Conseguenza inevitabile dell’approvazione o della reiezione di una proposta è la caduta di altre che, a quel punto, diventano incompatibili con le decisioni assunte in precedenza ovvero inutili: se, ad esempio, viene approvato un emendamento che sopprime un articolo, tutte le proposte modificative dello stesso articolo vengono meno, sono cioè precluse. Quando invece l’approvazione di un emendamento va nella medesima direzione di altri aventi medesime finalità, si parla di assorbimento.
In questo contesto va inquadrata la tecnica del «canguro»; i regolamenti di Camera e Senato, infatti, conferiscono al Presidente la possibilità di derogare allo schema procedurale consueto. In particolare, a norma dell’art. 85 del regolamento della Camera, qualora siano stati presentati ad uno stesso testo una pluralità di emendamenti, subemendamenti o articoli aggiuntivi tra loro differenti esclusivamente per variazione a scalare di cifre o dati o espressioni altrimenti graduate, il Presidente pone in votazione quello che più si allontana dal testo originario e un determinato numero di emendamenti intermedi sino all’emendamento più vicino al testo originario, dichiarando assorbiti gli altri. In altri termini, non si votano tutte le proposte emendative ma solamente alcune di esse, con l’effetto di determinare la preclusione o l’assorbimento delle altre e snellire notevolmente il procedimento. Lo stesso articolo consente al Presidente, inoltre, di modificare l’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse.
Il regolamento del Senato contiene disposizioni più stringate, volte a conferire al Presidente unicamente il potere di modificare l’ordine delle votazioni (art. 102, comma quarto); tuttavia, la disposizione si interpreta da tempo nel senso di dare fondamento alla tecnica del «canguro», in modo analogo a quanto stabilito nel regolamento della Camera. Se, pertanto, entrambi i regolamenti accordano al Presidente di Assemblea ampi poteri nella gestione delle votazioni sugli emendamenti, restano nondimeno incerti i limiti cui questi soggiacciono. L’art. 85-bis del regolamento della Camera, ad esempio, vieta l’applicazione della norma che consente di modificare l’ordine delle votazioni nel caso di leggi costituzionali. Si pone quindi il problema dell’applicabilità di norme che velocizzano il procedimento legislativo e comprimono il diritto dei parlamentari di proporre modifiche al testo in discussione nei casi di disegni di legge particolarmente delicati, come ad esempio quelli che mirano a modificare la Costituzione. Ad ogni modo, la Giunta per il Regolamento del Senato, convocata ieri dal Presidente Grasso, si è pronunciata, a maggioranza, in favore della legittimità dell’uso della tecnica del «canguro» anche per l’esame dei disegni di legge in materia costituzionale.
Quale che sia l’opinione che ciascuno voglia maturare, è bene evidenziare che, in casi del genere, invocare il rispetto formale delle norme procedurali rischia di essere fuorviante. Da un lato, nessuno può vietare ai parlamentari di proporre emendamenti; se questi ammontano a diverse migliaia, però, difficile pensare che siano tutti realmente volti a migliorare il testo e non abbiano, invece, finalità ostruzionistiche. Di fronte ad un dibattito che si protrae lungamente su questioni procedurali, è pertanto necessario individuare soluzioni che consentano di deliberare, in un modo o nell’altro. D’altro canto, l’economia procedurale è un valore che deve comunque essere commisurato all’oggetto in esame; una riforma della Costituzione, in particolare, esige massima ponderazione e adeguati spazi per le opposizioni, tali da assicurare un confronto serio e costruttivo, indispensabile per scrivere le «regole del gioco».