Tra riforme e controriforme

di Vincenzo Iacovissi

L’anno 2014 volge al termine, portando con sé un bagaglio ricco di novità, conferme e smentite, che hanno profondamente mutato il quadro politico italiano e, molto probabilmente, anche quello istituzionale.

Il 2014 è stato contrassegnato, anzitutto, dalla fine dell’esperienza governativa di Enrico Letta, condizionata, in primis, dall’implosione del fronte berlusconiano e, in secundis,  dall’esito delle elezioni primarie del dicembre 2013, che hanno visto la soverchiante affermazione di Matteo Renzi, ponendo le premesse alla sua ascesa a Palazzo Chigi, avvenuta solo qualche settimana dopo.

Proprio il Governo guidato dall’ex Sindaco di Firenze può essere considerato la novità centrale e cruciale della politica italiana degli ultimi dodici mesi, poiché tutti gli altri avvenimenti sono stati una sua conseguenza, o quantomeno una sua propaggine.

La nascita del Governo Renzi si è inquadrata dentro una cornice di flessibilità, con modalità di formazione collocate a metà strada tra rottura e continuità con il passato.

Le rotture, oggetto di maggiore attenzione, sono state impersonate dalle caratteristiche del nuovo premier capace di porsi, almeno nella prima fase, più come un “Sindaco d’Italia” che non come un classico Primo Ministro. Da ciò ne è derivato uno stile smart assunto nelle dichiarazioni pubbliche, nella scelta della squadra di governo con notevole presenza femminile e significativa rappresentanza di “giovani”, e nondimeno nel modo di porsi dinanzi alle Assemblee parlamentari nei momenti più delicati.

A queste novità si sono accompagnati però fattori di continuità, come le modalità di avvicendamento con il precedente Gabinetto, molto vicine alle c.d. “crisi extraparlamentari” tipiche del primo quarantennio repubblicano, nonché la stessa ripartizione degli incarichi ministeriali, ispirata ai criteri di ponderazione ed equilibrio connaturati alle esperienze di Esecutivi di coalizione.

Ma è sul versante delle riforme istituzionali che il Governo ha occupato la scena, con l’approvazione, in prima lettura in estate da parte di Palazzo Madama, del ddl Renzi-Boschi, che riscrive porzioni importanti dell’ordinamento della Repubblica, superando il bicameralismo perfetto, trasformando il Senato in organo elettivo di secondo grado, rafforzando il ruolo del Governo nell’ambito dei lavori parlamentari, ridefinendo i rapporti tra Stato e regioni in una logica più attenta ai poteri del centro rispetto alla periferia, ed abolendo alcuni enti, come il CNEL e le vituperate province.

L’accelerazione impressa al treno delle riforme istituzionali ha coinvolto anche il sistema elettorale, con approvazione in prima lettura alla Camera a marzo, di un progetto di legge che ha dato sostanza normativa all’accordo politico stipulato a gennaio tra il neo segretario PD e l’ex premier Berlusconi, avvenuto tra le mura della sede PD di Largo del Nazareno di Roma e perciò ribattezzato “patto del Nazareno”.

Come noto, questo patto ha congegnato un sistema elettorale, il c.d. italicum, finalizzato ad assicurare governabilità, bipolarismo e semplificazione del sistema politico, con penalizzazione delle forze minori e previsione di meccanismi in grado di rendere esplicito il risultato del voto espresso dai cittadini. Anche nella versione revisionata del patto, l’italicum 2.0 mantiene il medesimo spirito di fondo, aprendosi, seppur in parte, alla facoltà per l’elettore di esprimere un voto di preferenza nella scelta dei deputati.

Ma il 2014 è stato anche l’anno di un fatto politico-istituzionale importante: le elezioni europee di maggio, che hanno garantito un amplissimo plebiscito a Matteo Renzi, consentendo al PD di superare il 40% dei voti espressi, ridimensionando la forza elettorale del M5S, di Forza Italia e della neonata formazione centrista guidata dal Ministro Alfano, tutto in una cornice di crescente astensionismo, confermato dai dati delle regionali di Calabria ed Emilia in autunno.

Un cenno merita anche la riforma delle province, la c.d. “Legge Delrio”, che, in attesa della loro abolizione costituzionale, ne ha sancito la trasformazione in ente di secondo livello, con organi di governo, Presidente e Consiglio provinciale, eletti in via indiretta dagli amministratori comunali e non più dai cittadini, benché conservino ancora precise competenze, sulle quali, peraltro, a distanza di alcuni mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme, i dubbi applicativi non trovano una chiara soluzione.

Alla luce di quanto detto finora, l’anno che si apre con ogni probabilità sarà altrettanto ricco di appuntamenti istituzionali, a cominciare dall’elezione del nuovo Capo dello Stato, prossimo alle dimissioni anticipate, in uno scenario di crescente fluidità del quadro politico-parlamentare, come spesso avvenuto nella storia della scelta dell’inquilino del Quirinale.

Ballot continuerà a seguire l’attualità istituzionale anche nel 2015, aprendo una specifica finestra di osservazione sull’elezione del Presidente della Repubblica e monitorando il cammino del treno delle riforme ancora denso di ostacoli e tortuosità del tracciato, conservando l’approccio tecnico e distaccato nella descrizione dei fatti che caratterizza il nostro portale sin dalla sua nascita, di cui siamo lieti di festeggiare il secondo compleanno proprio in queste ore.

Ai nostri lettori, dunque, un grazie di cuore per l’interesse mostrato verso i nostri contenuti e auguri per un sereno Natale ed un 2015 all’altezza delle aspettative di ciascuno.

 

 

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