Sergio Mattarella: un notaio al Quirinale?

di Alessandro Gigliotti

sergio mattarella

Questa volta non ci sono stati colpi di scena. Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica. È stato eletto proprio al quarto scrutinio, così come aveva preannunciato il Premier Matteo Renzi, con un numero di voti tale da sfiorare persino il quorum dei due terzi richiesto nei primi tre.

Dalla delicata partita del Colle, che aveva messo apprensione persino ad un Presidente del Consiglio che ostenta sempre grande sicurezza, la politica italiana ne esce bene. Alla fine, non c’è stata alcuna tensione nel Partito democratico, dove è rientrata inaspettatamente la frattura consumata solo pochi giorni fa sulla legge elettorale. Ma non c’è stata una significativa spaccatura neppure nella coalizione che sostiene il Governo: anche i centristi di Ncd e Udc, seppur con qualche mugugno, hanno accolto l’indicazione di voto verso il Professore siciliano, così come molti voti sono giunti da Sel e persino da Forza Italia.

L’elezione di Sergio Mattarella rappresenta una indubbia vittoria del Premier. È riuscito a ricompattare il partito, fortemente lacerato, proprio nel corso della partita più difficile. Ma è riuscito anche a aggregare gli altri alleati di governo, che nei giorni immediatamente precedenti avevano assunto una posizione di netta contrarietà, in accordo con gli esponenti di Forza Italia. Tuttavia, sarebbe sbagliato pensare che il nome di Mattarella sia stato frutto di una scelta del solo Matteo Renzi: si è trattato di un compromesso tra le diverse posizioni in campo, un compromesso cercato nel silenzio ma non per questo meno faticoso ed elaborato.

Ne esce meno bene, invece, Silvio Berlusconi, che dopo aver sostenuto le riforme istituzionali e contribuito in Senato ad approvare la legge elettorale (nei voti decisivi Forza Italia è stata determinante) si è visto imporre un nome non gradito. Non soltanto perché Mattarella è uno dei cinque ministri che, nel lontano 1990, si dimise in polemica con l’approvazione della legge Mammì. Neppure per il fatto di essere un esponente della sinistra democristiana, area politica alquanto invisa all’ex Premier che ha ancora nella mente il settennato di Scalfaro. Ma anche e soprattutto perché Mattarella non è stato il candidato del Patto del Nazareno. Un patto che solo ingenuamente si può pensare riguardasse le sole riforme istituzionali, essendo invece un accordo politico di portata più ampia e generale. L’altro sconfitto del giorno è il Movimento 5 Stelle, che ha sostenuto anche nel quarto scrutinio il candidato di bandiera, Ferdinando Imposimato, e si è rivelato pertanto del tutto ininfluente.

È prematuro fare previsioni sul futuro settennato di Mattarella. Di certo, si può abbozzare un piccolo ritratto del nuovo inquilino del Colle. Storico esponente della sinistra Dc, figlio di Bernardo e fratello di Piersanti, Mattarella è una persona schiva e riservata. Giurista e costituzionalista per formazione, ha ricoperto diversi incarichi ministeriali sia nel corso della Prima sia durante la Seconda Repubblica. Da alcuni anni giudice costituzionale, il suo nome è fortemente legato a quella legge elettorale – definita non senza ironia mattarellum da Giovanni Sartori – che accompagnò il passaggio tra le due fasi della storia repubblicana. È ritenuto un uomo mite, ma non per questo condizionabile. Un uomo dalla schiena dritta, non disposto a negoziare sui valori. Un uomo cui non mancheranno né l’esperienza politica per gestire eventuali crisi né gli strumenti per ergersi a difensore della Carta costituzionale e del corretto funzionamento del quadro istituzionale. Non farà ombra al Presidente del Consiglio, ma non sarà un semplice taglia nastri. Non è però da escludere che la presidenza Mattarella, se le condizioni politiche lo consentiranno, sarà improntata allo stile «notarile» che caratterizzò il settennato di Luigi Einaudi. Anche in quel caso, si trattava di un Presidente di maggioranza, eletto in un contesto di grande stabilità, contesto che non richiese – se non negli ultimissimi mesi – un atteggiamento interventista del Quirinale. Esattamente la stabilità che le imminenti riforme si prefiggono di garantire.

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