Mattarella, un messaggio costituzionale

di Gabriele Maestri

FotoI cambiamenti spesso si fanno notare da sé, ma in certi casi si preferisce metterli in evidenza, perché a nessuno sfugga che – pur nel massimo rispetto di tutti – qualcosa non è più come prima. Così, dopo nove anni (o, se si preferisce, sette anni più due) di “regno” di Giorgio Napolitano, l’arrivo al Quirinale di Sergio Mattarella ha leggermente modificato riti e contenuti del messaggio di fine anno. E, prima ancora delle parole, a marcare la trasformazione ha provveduto il contesto.

Niente scrivania questa volta, nemmeno un tavolo che a volte il suo predecessore aveva usato, quasi per mitigare la solennità dello studio presidenziale. Mattarella ha scelto di pronunciare il discorso seduto in poltrona, in un salottino dell’appartamento privato al Quirinale.

Scalfaro

Il messaggio di Scalfaro del 1997

La “scena” non è del tutto nuova: anche Oscar Luigi Scalfaro, per gli ultimi due discorsi del suo mandato, aveva eletto lo stesso salotto come cornice delle sue parole di fine anno “per dare un tono più familiare”; la stanza, peraltro, è un po’ più vuota e un po’ più spoglia di allora, quasi a voler comunicare di nuovo un’atmosfera di sobrietà, in cui l’attuale inquilino del Quirinale si trova più a suo agio. Questo non è bastato a evitare un certo imbarazzo da parte di Mattarella, probabilmente non troppo abituato alle telecamere: dopo i primi minuti, in ogni caso, il discorso è divenuto più fluido, anche grazie alla lettura sul teleprompter (i fogli tenuti in mano, probabilmente, erano più per sicurezza che altro).

Forme del rito a parte, a fare la differenza – soprattutto rispetto all’immediato passato – sono stati anche i contenuti. Negli ultimi anni le riforme istituzionali sono state sempre oggetto dei messaggi di fine anno, anche perché Napolitano ne aveva fatto uno dei punti nevralgici del suo mandato (ponendole come condizione per la sua seconda, breve permanenza al Colle); questa volta, invece, alle riforme nemmeno un accenno, per scelta precisa di Mattarella che ha espressamente detto di non voler tornare su temi già trattati nell’incontro con i rappresentanti delle istituzioni, ma di volersi concentrare sulle “principali difficoltà” e sulle “principali speranze della vita di ogni giorno”.

Se così è stato, preferisco dire che il messaggio di ieri sera – al di là delle opinioni politiche – è stato innanzitutto e soprattutto un discorso costituzionale, che ha cercato di dare voce ad alcuni degli articoli della Carta, in particolare a quelli che si occupano di diritti e doveri, ricordandone il significato “vivente” e “materiale”. Lo ha detto lo stesso Presidente verso la fine: la Costituzione “non è soltanto un insieme di norme, ma una realtà viva di principi e valori”.

Foto (1)

Fonte delle foto: http://www.quirinale.it

Lo si è visto già parlando del lavoro, un tema che attraversa trasversalmente la Parte Prima della Costituzione. Mattarella, nel sottolineare le difficoltà di persone e famiglie legate alla mancanza di lavoro a dispetto della fine della recessione, ha sostanzialmente richiamato il diritto al lavoro consacrato dall’art. 4.1 assieme al dovere di concorrere al progresso della società, la tutela dei lavoratori (e della loro formazione) ex art. 35, la “esistenza libera e dignitosa” che secondo l’art. 36.1 dovrebbe essere garantita dalla retribuzione, l’attenzione che l’art. 37 prescrive per il lavoro delle donne (non ancora riconosciuto a sufficienza); c’era però anche la consapevolezza dell’intollerabilità di diseguaglianze e discriminazioni sociali (terreno dell’art. 3), dell’importanza di far crescere il Mezzogiorno, perché l’Italia “una e indivisibile” (art. 5) non si condanni a essere ingessata e immobile, e di avere un sistema di istruzione (art. 34) che funzioni sul serio.

Particolare attenzione è stata posta dal Capo dello Stato alla piaga del tutto incivile dell’evasione fiscale, autentico attentato all’art. 53 che sancisce il dovere di concorrere alle spese pubbliche in base alla propria capacità contributiva, ma anche agli artt. 2 e 3, nella misura in cui ostacola l’erogazione di diritti tanto sacrosanti quanto “costosi” e aggrava gli ostacoli economico-sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini (e la loro partecipazione alla vita del paese).

La stessa attenzione è stata rivolta da Mattarella all’ambiente: esso non è citato espressamente nella Carta, ma da tempo rientra pacificamente nel diritto alla salute ex art. 32 il diritto a un ambiente salubre, a un territorio “buono” che non deve essere depauperato o sfruttato in modo irrazionale dall’uomo (qualche eco, sia pure molto legato al passato, emerge dagli artt. 43 e 44), anche per non creare disparità assurde e irragionevoli (ecco di nuovo l’art. 3). Ciò richiede un impegno, da parte di ciascuno di noi (nell’usare meno l’auto, nel fare correttamente la raccolta differenziata, nel non sprecare il cibo comprato) e da parte delle istituzioni, che non possono tirarsi indietro (lo si vede soprattutto nel passaggio del discorso dedicato al trasporto pubblico inefficiente).

mondo_maniLa parte del messaggio dedicata al terrorismo è altrettanto interessante. La prima parola chiamata in causa, infatti, non è “sicurezza”, ma “pace”: la pace di cui parla l’art. 11, che i costituenti speravano di poter garantire al mondo (e a se stessi) attraverso l’Onu e che dev’essere raggiunta innanzitutto negli stati fin qui vittime del terrorismo stesso. Quella pace che si è cercato di mantenere (non sempre nel modo migliore) con le missioni dei militari all’estero e cui oggi spetta anche all’Europa contribuire (anche in considerazione del fatto, tutto italiano, che le fonti europee hanno nel nostro ordinamento un valore superiore alle leggi proprio in virtù dell’art. 11).

Il Presidente ha giustamente richiamato di nuovo il ruolo – ancora “latitante” – dell’Unione europea anche in tema di immigrazione. La nostra Costituzione – lo riconosce implicitamente lo stesso Mattarella – si occupa essenzialmente di emigrazione, realtà ben nota agli italiani di vari decenni fa, ma può parlare pure a chi in Italia arriva qui, in un flusso che non sarà affatto breve.  Nell’invocare “regole comuni” (e, si è tentati di aggiungere, più chiare e ragionevoli) sull’immigrazione, forse per la prima volta il Quirinale ha dovuto prendere atto di come lo spazio per accettare l’immigrazione irregolare si sia sostanzialmente esaurito, non riconoscendo alternative tra migranti con diritto all’asilo (perseguitati o con guerre alle spalle) e “altri migranti” da rimpatriare, pur nel rispetto della loro dignità.

E’ interessante la “cittadinanza/legittimazione sociale”, prima che giuridica, di cui ha parlato Mattarella, nel ricordare come spesso la cura di bambini, anziani, case (“quel che abbiamo di più caro”) sia affidata a persone straniere, i lavoratori migranti regolari diano nel complesso alla comunità più di quanto ricevano: sembra anche qui di rileggere gli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione, ricordando che per la Consulta quei diritti e doveri sono dettati per i “cittadini”, ma valgono per chiunque si trovi sul territorio italiano. Se questo è vero, acquista peraltro maggiore forza il riferimento al rigore richiesto dal Presidente, da tradurre nel rispetto delle leggi – specie di quelle penali – e della cultura dell’Italia (“cultura”, si badi bene, che è un concetto molto più ricco e complesso delle “tradizioni” di cui altri parlano) e anche nell’apprendimento della lingua. Lo stesso rigore, del resto, Mattarella lo ha preteso da tutti gli italiani: contro il malaffare, la criminalità comune e organizzata, la corruzione.

Emerge da qui il “breviario” da seguire per “avere cura della Repubblica”, come ha detto Mattarella: imperativo cui tutti i cittadini sono chiamati, facendone “vivere i principi nella vita quotidiana sociale e civile”, con un occhio innanzitutto per le esperienze che ognuno di noi è chiamato ad affrontare, senza per questo perdere di vista il Palazzo e la sua azione.. Un compito non semplice, ma di ogni giorno, che richiede attenzione, avendo come guida i valori della Costituzione. Questa, certamente, è la lettura principale del messaggio di Sergio Mattarella .

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2 risposte a Mattarella, un messaggio costituzionale

  1. Donato Natuzzi ha detto:

    Ci vuole il coraggio di remare contro l’ideologia imperante, che sa solo tifare a favore dello Stato distruttore di crescita con i suoi eccessi fiscali e considerare gli evasori dei “ladri”. L’assurdità sul piano delle categorie sociali e del buon senso di considerare tali milioni di piccoli imprenditori e professionisti, gente che lavora, produce reddito, paga comunque tasse e contribuisce al benessere della collettività.
    http://www.giustiziafiscale.com/index.php?option=com_content&view=article&id=740%3Aperche-gli-evasori-non-sono-dei-qladriq&catid=49%3Alevasione-degli-autonomi-&Itemid=132

  2. Pingback: Il voto per Mattarella: “la via maestra, ma una scelta molto seria” | Ballot – Numeri e voti che contano

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